Rivalutazione e cartolarizzazione in 2 risposte del Fisco

Rivalutazione dei beni d’impresa

Una società con esercizio non coincidente con l’anno solare che ha scelto di spostare la data di chiusura dell’esercizio sociale dal 30 giugno al 31dicembre di ogni anno, a partire da quello in corso che verrà chiuso anticipatamente il 31 dicembre 2020, può scegliere se effettuare la rivalutazione dei beni d’impresa:

1. nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019;

2. in alternativa, nell’esercizio successivo, chiuso al 31 dicembre 2020.

NON potrà, invece, eseguirla per entrambi gli esercizi.

È il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate fornito con la risposta n. 640 del 31 dicembre 2020 in tema di rivalutazione dei beni, che spetta alle società che non adottano gli Ias/Ifrs per la redazione del bilancio.

Al riguardo, viene evidenziato che il legislatore ha inteso riconoscere solo una facoltà di anticipazione della rivalutazione e non anche la possibilità di duplicare tale beneficio. Ne deriva che le imprese con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare non possono effettuare la rivalutazione sia nell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 sia in quello successivo, ma possono eseguirla una sola volta, come sopra specificato.

Cartolarizzazione

Il regime di favore che trasforma i crediti deteriorati in crediti d’imposta può essere applicato anche dalla società che intende vendere un portafoglio di tali titoli, pur non essendo tra i soggetti originari da cui sono stati generati.

La condizione è che le società veicolo acquirenti non siano sue dirette o indirette controllate.

È, in estrema sintesi, quanto chiarisce l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 641 del 31 dicembre 2020.

Le conclusioni cui l’Amministrazione finanziaria giunge vengono precedute dall’analisi della normativa connessa al tema oggetto dell’intervento di prassi.

In questo caso, quindi, l’attenzione va all’agevolazione richiamata dall’istante (decreto “Crescita”). La misura è stata modificata dal decreto “Agosto”.

Ebbene, alla luce dell’ultima “rivisitazione” la norma stabilisce che “qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti (…), può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate riferite ai seguenti componenti: perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi(…) alla data della cessione; importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 (…), non ancora dedotto né trasformato in credito d’imposta alla data della cessione”.

La medesima norma stabilisce ancora che “in caso di crediti acquistati da società con le quali non sussiste un rapporto di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o che non sono controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, per valore nominale si intende il valore di acquisto del credito”.
 
Alla luce della nuova disposizione, l’Agenzia ritiene dunque che l’agevolazione sia applicabile anche ai crediti acquisiti da terzi (e quindi non solo dai soggetti che li hanno originati) e che, in tal caso, il beneficio fiscale vada determinato in base al loro valore di acquisto.