Commercialisti. Concorso nel reato per indebita compensazione: dolo o colpa?

Con la sentenza n. 37640, depositata dalla Cassazione, si pone l’attenzione su un tema di fondamentale importanza relativamente all’attività professionale dei commercialisti: quello della responsabilità penale del professionista e del concorso nel reato di un cliente o di un collega per indebita compensazione. Nel caso specifico, la cassazione si è soffermata sulla configurabilità del concorso in reato di un commercialista per crediti inesistenti, con rinvio a giudizio per valutare al meglio il complicato intreccio di fatti.

Compensazione di crediti inesistenti

La professionista, in concorso con un collega (che aveva già presentato la dichiarazione integrativa IVA e il modello F24 con cui si era avvalso della compensazione indebita), si è addossata il debito tributario del cliente per aver omesso di versare le imposte dovute dal cliente portando, dunque, in compensazione crediti inesistenti.

In sintesi, la Cassazione si è trovata davanti la seguente situazione:

  • il professionista “numero 1” ha materialmente presentato la dichiarazione integrativa IVA, comprendente il modello F24 con cui si è avvalso della compensazione di crediti inesistenti (art.10-quater DLgs. n. 74/2000);
  • la professionista “numero 2” ha omesso di versare le imposte dovute, portando in compensazione crediti inesistenti;
  • la stessa si è fatta carico del debito tributario del cliente per l’errore professionale definito nel punto precedente.

La Cassazione

Tenuto conto della situazione presentata, la Cassazione ha, in un primo momento, definito il diretto interesse della commercialista all’attività di frode, dato il suo interesse all’estinzione, per essersi accollata il debito tributario. Questo, per la Cassazione, ha significato l’esistenza di un accordo tra i due commercialisti e, dunque, un concorso nel reato del cliente.

In un secondo momento, invece, la Cassazione ha definito la responsabilità della commercialista come una serie di elementi di mero carattere presuntivo, di superficialità e negligenza nello svolgimento dell’attività lavorativa che rappresenterebbero, per i giudici, colposità e non dolo. Ciò perché prima che fosse presentata la dichiarazione fiscale del collega per la compensazione di crediti inesistenti, la professionista aveva già presentato una dichiarazione IVA (solo successivamente integrata da quella fraudolenta).

Si ritiene necessario, da parte dei giudici, di valutare meglio la situazione con un altro giudice di merito per determinare l’esistenza o meno del dolo della ricorrente.

Redazione redigo.info