Commercialisti: bassa difficoltà giustifica metà compenso

Con sentenza n. 19326 del 15 luglio 2024, la Corte di Cassazione si è espressa su questioni legate ai compensi professionali, in particolar modo sul compenso dei commercialisti che assistono clienti in giudizio per avvisi di accertamento.

I fatti

Il professionista ha assistito il suo cliente nel primo grado di giudizio, risultato in bonis, ed è stato pagato per l’attività lavorativa. Dopo il fallimento della società, lo stesso commercialista ha assistito la società cliente anche nel secondo grado di giudizio, ottenendo l’annullamento degli avvisi di accertamento per un importo di più di 11 milioni di euro. In questo secondo caso, il compenso del professionista è valutato all’un per cento del totale e, successivamente, ridotto ulteriormente del 50%.

Non considerando corretto l’importo della sua liquidazione finale, il commercialista ha impugnato il provvedimento nei confronti del suo cliente.

Le prescrizioni del DM 140/2012 sui commercialisti

Il DM 140/2012, considerando il caso specifico, definisce i compensi relativi ad incarichi per ricordi, appelli e memorie alle commissioni, per Dottori commercialisti ed esperti contabili, con una cifra variabile tra l’un per cento e il cinque per cento dell’importo complessivo di imposte, tasse, contributi, sanzioni e interessi dovuti; e ancora, il valore della pratica deve essere determinato in funzione dell’importo complessivo per ogni grado di giudizio.

Il commercialista, conscio del range di variazione dell’1-5%, aveva impugnato il provvedimento in relazione al taglio del 50% finale sulla cifra di liquidazione. Relativamente questo particolare, ancora il DM 140/2012, ha fornito la spiegazione ricercata: il compenso liquidabile può essere ridotto fino al 50% nel caso in cui la prestazione possa essere eseguita in modo spedito e non implichi, di base, la risoluzione di questioni rilevanti.

La Corte di Cassazione ha attribuito una particolare rilevanza al fatto che il professionista avesse già assistito il cliente nel primo grado di giudizio (ottenendo il pagamento del relativo compenso) e che, di conseguenza, l’attività svolta nel secondo grado di giudizio fosse caratterizzata da una difficoltà e complessità più bassa.

La sentenza non si è basata sul solo parametro riportato dalle tabelle compensi dei professionisti, ma ha valutato anche la complessità dell’attività prestata. La Corte ha, dunque, rigettato il ricorso e definito il compenso ricevuto come adeguato nonostante non perfettamente allineato con i dati meramente numerici.

Redazione redigo.info