Bilancio 2024, INT in Senato. Discrimine professioni: una stortura

I tributaristi di Alemanno: rivedere l'articolo 1, comma 933, lettera a) della Legge n. 234/2021

In Senato, la 5ª Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) tiene in esame il ddl Bilancio per il 2024.

L’INT – Istituto Nazionale Tributaristi – su specifica richiesta, ha inviato proposte in tema di aiuti alla famiglie, equità per i professionisti soggetti a malattia e semplificazione senza oneri a carico dello Stato.

Il passaggio centrale: “(…) sulla Legge di Bilancio per l’anno 2024, nella consapevolezza che sia fortemente condizionata dalla limitazione delle risorse finanziarie, ci limitiamo ad auspicare che interventi come il taglio del cuneo fiscale o i nuovi limiti dei fringe benefit – che abbiamo salutato con favore ancorché limitati all’anno 2024 – possano raggiungere un’applicazione in via strutturale in prossimi interventi legislativi. Così come ci limitiamo ad auspicare che i prossimi interventi nell’ambito della definizione delle somme iscritte a ruolo, le c.d. “cartelle di pagamento”, tengano conto che solo con una rateizzazione estremamente ampia con possibilità di sospensione delle scadenze, in caso di particolari eventi oggettivi e/o soggettivi, si potrebbero recuperare un’ulteriore parte dei crediti giacenti nel c.d. “magazzino” dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, senza creare difficoltà di liquidità tali da non riuscire a pagare rate troppo pesanti, come sta accadendo in questi giorni con richieste di riapertura dei termini o di proroga delle scadenze dell’attuale definizione agevolata. Consci, pertanto, della limitazione di possibilità di interventi alla Legge di Bilancio anche a causa dei precari equilibri finanziari, avanziamo solo pochissime proposte, senza oneri a carico dello Stato o addirittura che prevedono l’acquisizione di nuove risorse finanziarie.”

Ed eccole, alcune delle proposte sintetizzate in un Comunicato INT del 13 novembre 2023.

Contributo per il Fondo famiglia

Si potrebbe prevedere – suggeriscono i tributaristi – un contributo per il Fondo Famiglia, strutturale, da applicarsi agli accertamenti definitivi, calcolato sulla base degli imponibili evasi da persone fisiche e giuridiche.

Una somma da riscuotere con le imposte e le sanzioni; da computarsi, ad esempio, su uno schema simile al seguente:

– sino a 2.000 euro di maggior imponibile, un contributo di 100 euro;

– da 2001 a 5.000 euro un contributo di 200 euro;

– da 5.001 a 10.000 euro un contributo di 400 euro;

– da 10.001 a 20.000 euro un contributo di 600 euro;

– da 20.001 a 30.000 euro un contributo di 800 euro;

– da 30.001 a 50.000 euro un contributo di 1.000 euro,

e poi a seguire con ulteriori fasce di maggior imponibile accertato e di contributo.

Sarebbe, verso i contribuenti virtuosi, atto di giustizia ed equità – temi, questi due, cari all’apporto dell’INT in sede di Commissione parlamentare – se chi ha evaso imposte e sanzioni provvede a finanziare il welfare penalizzato dal suo comportamento scorretto.

Consolidato familiare

Perché non compensare i crediti di un coniuge con i debiti dell’altro? Anche estendendo questa possibilità a familiari conviventi, in una sorta di ‘consolidato fiscale familiare‘? Con un legame di convivenza, non è giusto – sostengono i professionisti dell’INT – ad esempio, che i figli debbano attendere un rimborso o riportare in avanti un credito non potendo presentare il modello 730, quando per la stessa annualità i genitori anticipano imposte. Il consolidato di famiglia – vincolante e soggetto a precise regole – sarebbe “un’idea utile a non far uscire liquidità dalla famiglia, quando i debiti ed i crediti si possono compensare“.

La copertura finanziaria di questa consigliata misura – minima e di pura liquidità di periodo per assenza di diminuzione di gettito – “andrebbe determinata considerando l’anticipazione dei tempi di rimborso o di utilizzo per i crediti e il mancato incasso immediato dei debiti fiscali“.

D’altra parte il risparmio per interessi e costi di gestione, che lo Stato non pagherebbe sui rimborsi, va messo sul piatto.

ISEE

Nella determinazione dell’indicatore della situazione economico equivalente (ISEE)sono esclusi, fino al valore complessivo di 50.000 euro, i titoli di stato di cui all’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398, nonché i prodotti finanziari di raccolta del risparmio con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato.”. Così l’articolo 38.

L’ISEE è dichiarazione cui sono legate numerose prestazioni socioeconomiche. L’INT pone l’accento sulla disparità di trattamento economico tra chi possiede un patrimonio mobiliare, costituito dai titoli di Stato citati nella legge, e chi no.

Di più: “un importo di € 50.000,00 escluso dal calcolo dell’ISEE e ancor prima dall’ISP (Indicatore della Situazione Patrimoniale) aumenterebbe ulteriormente la disparità tra i soggetti, garantendo fruizioni di benefici cui, diversamente, non si avrebbe avuto diritto o escludendo beneficiari in reale necessità (un esempio su tutti l’ISEE universitario)”.

La proposta? “(…) abbassare il tetto di esclusione a 25 mila euro, sicuramente più in linea con una media dei risparmi dei nuclei familiari in titoli di Stato o dallo stesso garantiti, nonché meno discriminatoria.“.

Proposta emendativa che elimina il discrimine tra professioni associative e ordinistiche, che “pari son

Una valida proposta emendativa tocca le libere professioni. L’INT avanza il suggerimento di rivedere l’articolo 1, comma 933, lettera a) della Legge n. 234/2021: “per «libero professionista» s’intende la persona fisica che esercita come attività principale una delle attività di lavoro autonomo per le quali è previsto l’obbligo di iscrizione ai relativi albi professionali“, per eliminare la parola professionali, proseguendo con: “registri, elenchi o una delle attività professionali di lavoro autonomo di cui alla Legge n. 4 del 14 gennaio 2013”.

La (giusta) tutela da malattia o infortunio ai soli iscritti ad albi professionali? Escludendo, così, tutti professionisti di cui alla Legge n. 4 del 14/01/2013 (Professioni non ricomprese in ordini o collegi) o quelli iscritti in elenchi o registri e indirettamente anche i loro assistiti? Sarebbe iniquo, discriminante protrarre questa previsione. Da stigmatizzare sotto il profilo costituzionale e sociale.

Di fatto, la norma “contiene anche una grave lesione della concorrenza”. Perché? Ebbene: “Poiché si prevede la sospensione degli adempimenti tributari sia per il professionista che per i suoi assistiti, i contribuenti potrebbero sentirsi maggiormente tutelati affidandosi ad un professionista indicato nella norma e questo non per maggior competenza, ma per una tutela discriminatoria, con buona pace dei professionisti quali i tributaristi, i revisori legali, gli amministratori di condominio, solo per citare alcune categorie discriminate. Sono pertanto posti su diversi piani del diritto alla salute donne e uomini del settore professionale su un tema come la tutela dalla malattia che non deve mai prevedere limiti e differenze. L’emendamento elimina tale discriminazione ristabilendo parità di diritti in caso di malattia o infortunio.”.

Non a torto, gli occhi delle ora elencate professioni saranno perciò puntati sulla soppressione di una stortura che stonerebbe in un ordinamento garante quale il nostro.

Alessia Lupoi – Direttore responsabile