Equo compenso, da domani nuove regole

Ancora qualche ora prima che nell’ordinamento professionale le nuove regole sull’equo compenso guadagnino l’ufficialità sostituendo le vecchie, in applicazione della Legge n. 49 del 2023. L’ambito sono le prestazioni d’opera intellettuale governate da convenzioni sullo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività professionali svolte in favore della Pubblica amministrazione; delle imprese bancarie e assicurative nonché delle loro società controllate, delle loro mandatarie; delle imprese che – nell’anno precedente al conferimento dell’incarico – hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro.

Discorso a sé faranno le prestazioni rese in favore di società veicolo di cartolarizzazione e di agenti della riscossione.

Le nuove regole. Come determinare l’equo compenso?

I compensi di riferimento saranno così determinati:

– professionisti iscritti a ordini e collegi: per essi, i compensi sono fissati dai decreti ministeriali adottati ai sensi del D.L. n. 1/2012 (art. 9);

– professionisti non ordinistici: i criteri provengono dal decreto del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, da adottare in 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge; poi, con cadenza biennale;

– avvocati: ne stabilisce i compensi il decreto del Ministro della Giustizia emanato ai sensi della Legge n. 247/2012 (art. 13, comma 6).

Nulle le clausole vessatorie

D’ora in avanti saranno ritenute nulle, secondo la neonata disciplina, le clausole – non anche il contratto nella sua interezza – che vietano al professionista di chiedere acconti nel corso della prestazione; quelle che permettono al cliente la modifica unilaterale delle condizioni del contratto o la pretesa di ottenere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito; quelle che non fissano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata; quelle che attribuiscono al committente vantaggi sproporzionati in relazione a quantità e qualità del lavoro prestato; quelle che dispongono termini di pagamento che vanno oltre i 60 giorni dal ricevimento della fattura.

Ancora, sono vietate le pattuizioni che: chiedano al professionista l’anticipazione di spese; gli impongano la rinuncia al rim­borso delle spese connesse alla prestazione; prevedano, in caso di nuovo accordo sostitutivo del precedente, che la nuova disciplina (se implicante compensi inferiori ai precedenti) si applichi agli incarichi pendenti o non ancora fatturati; riconoscano il compenso per l’assistenza e la consulenza in ma­teria contrattuale solo in caso di sot­toscrizione del contratto.

Secondo le nuove regole. Chi agisce?

La legittimazione ad agire presso il Tribunale competente per ottenere la rideterminazione del compenso e la differenza tra l’equo e il corrisposto, è del professionista o dei consigli degli ordini o dei collegi ed è volta ad ottenere la rideterminazione del compenso, salvo l’eventuale indennizzo al professionista (che sia di importo pari anche al doppio della differenza tra il compenso pattuito e quello versato).

Va detto che, similmente, il professionista che accetti un incarico riferito ad un compenso non equo può a sua volta essere sanzionato deontologicamente dall’Ordine di appartenenza. Questa è, tra tutte, la prescrizione che tutela non più il professionista ma la categoria professionale tutta nelle proprie competenze precipue. E i clienti.

Consentita anche la Class action

E’ nei diritti del professionista intraprendere un’azione di classe, proponendola individualmente o attraverso il Consiglio nazionale del­l’ordine o le associazioni maggiormente rappresentative.

Ed intanto, tornando alla Legge sull’equo compenso e alla determinazione di esso, sfiancata – prima dell’ufficialità – da disparati interventi nelle sedi del Parlamento, stabilisce che i compensi siano determinati sulla base del Decreto Parametri (DM 17 giugno 2016) e che i parametri possano essere aggiornati ogni due anni su proposta dei consigli nazionali degli ordini o dei collegi professionali.
 
L’aggiornamento risulta perciò urgente, poiché gli attuali parametri sono da ritenersi superati dal momento che il nuovo Codice Appalti ha ridotto i livelli di progettazione da 3 (progetto di fattibilità tecnico-economica, progetto definitivo e progetto esecutivo) a 2 (progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo). Il termine per l’aggiornamento è stabilito nel 1° luglio 2023, data a partire dalla quale le norme dell’attuale Codice Appalti diverranno efficaci.

Alessia Lupoi