L’intervista. Agiamo il cambiamento con Benedetto Buono (per redigo.info)

Il Direttore di redigo.info - Media partner al convegno annuale di Eggup rubricato "Adattabilità: verso il futuro del lavoro" - ha intervistato Benedetto Buono(Buono&Partners, Consulenza strategico-relazionale)

D. Dott. Buono, nel suo intervento da relatore durante il convegno Eggup 2024 due skills ne richiamavano una, l'adattabilità. Sono la proattività e la duttilità. Mi è parso fosse più attratto dalla proattività. E' così?

R. Decisamente, Direttore. E' più nelle mie corde. Ognuno ha nativamente angoli più acuti. La proattività è, per me, fondamentale per il fatto che occorre andare incontro al cambiamento, guardarlo in faccia. Le sfide sono quotidiane. Con la metafora del celebre libro "Chi ha spostato il mio formaggio?" (Who mooved my cheese? di Spencer Johnson - ndr), che ha ben ricordato la collega relatrice che mi ha preceduto, impariamo che ogni cambiamento è opportunità e vi dobbiamo andare incontro. Vedo la vita come un volano, un pezzo meccanico dei motori che gira con forza centrifuga. Inutile opporvi resistenza, occorre vedere dove ti porta il movimento e agirlo proattivamente, abbracciarlo. Questo è agire il cambiamento. Esserne artefici. Implica l'errore, sì, ma la proattività la lego proprio con l'essere artefici del proprio percorso. La metafora del "self made man".

D. Il cambiamento, l'adattabilità sono processi naturali. In virtù della sua esperienza sul campo, naturale è anche il cambiamento nel mondo del lavoro o occorre agire "innaturalmente" per determinare quel cambiamento, quella adattabilità?

R. Le dirò, il cambiamento nel mondo del lavoro è estremamente complesso poiché è un fenomeno c.d. "multistakeholders", cioè abbraccia l'agire di soggetti molto diversi, con agende molto diverse. Pensiamo al soggetto istituzionale, quello privato, il datore e il lavoratore, le associazioni di categoria, i consumatori. Hanno esigenze diverse che collidono. Il cambiamento, lì, lo vedo più lento, con dinamica sottostante per giungere ad un "new normal". Sarà, tuttavia, sempre più temporaneo per una serie di motivazioni, tra cui - in primis - l'evoluzione tecnologica. Si parla con frequenza sempre maggiore di "Generative IA", che sta riplasmando il mondo del lavoro. E', però, solo un pezzo. Poi, la robotica, l'economia spaziale e tanto altro. In definitiva, passeremo da un mondo del lavoro che abbiamo conosciuto e plasmato - quindi, non più adatto - come "human to human", ad una transizione, per il vero in atto, nello "human to machine", o viceversa. Un domani non lontano, verso un "machine to machine". Dietro, le persone. Ulteriore complessità con ulteriore stakeholder: la tecnologia, probabilmente senziente. Non è fantascienza. Di questo passo, l'adattabilità diverrà imprescindibile: chi non avrà capacità di adattarsi verrà tagliato fuori. Sia chiaro, l'adattabilità non servirà ad avere successo nel mondo del lavoro; servirà a sopravvivere. Per avere successo ci vorrà molto altro. Who knows? Lo vedremo.

D. Mi aggancio a questa sua ultima riflessione. Ritiene che vi siano paesi, in Europa e nel Mondo, che si adattano meglio di altri al sistema lavoro?

R. Guardo ai dati, facendo due esempi su tutti: in innovazione e start-up, Lisbona e Berlino. Adattatisi velocemente al cambiamento, talmente bene da essere oggi Poli attrattivi pari o vicinissimi a miti come la Silicon Valley, hanno interpretato il modo di lavorare persino delle nuove generazioni. Ricordiamoci che attualmente coesistono cinque generazioni. Ed una grande sfida è, per manager e imprenditori, andare sempre più verso una c.d. ageness organization, una organizzazione che non tenga conto delle differenze d'età ma che, anzi, le valorizzi e faccia coesistere. Una sfida epocale. Altri paesi si stanno male adattando o adattando con velocità inferiore. Probabilmente, anche l'Italia non primeggia tra i casi d'eccellenza. Certo, stiamo muovendo passi importanti in tante direzioni. Qui pure vedo una sfida che coinvolge soggetti diversi. Nessun paese evolverà poggiandosi solo sullo sforzo istituzionale o dei privati o dell'accademia. Bisognerà dotarsi di un ecosistema, facendo convergere tutti gli attori, gli stakeholders. A quel punto ne beneficerà il paese.

Alessia Lupoi