Tempo determinato: la contrattazione collettiva detta le regole

Durante la giornata dedicata ai lavoratori, con il decreto Lavoro il Governo ha introdotto una nuova regolamentazione che attribuisce alla contrattazione collettiva il potere di dettare le regole sulla disciplina del contratto a tempo determinato. Fino a quando la contrattazione collettiva non si pronuncerà saranno le parti individuali a motivare il ricorso al prolungamento oltre i dodici mesi di un contratto a tempo determinato.

Tempo determinati: cambiano le regole

Il tema più atteso dalle imprese e dai lavoratori è stato quello sulle regole del contratto a tempo determinato. Negli ultimi anni la disciplina del contratto a tempo determinato è stata modificata diverse volte:

  • con il D.L. n. 34 del 2014 (con il Ministro del lavoro Poletti) che estese il contratto acausale a 36 mesi;
  • con il D.L. n. 87 del 2018 (decreto Dignità, con il Ministro del lavoro Di Maio) che aveva riportato il contratto acausale a 12 mesi e inserito impossibili motivazioni per contratti più lunghi e per rinnovi.

Le nuove regole

Oggi, dopo un lungo confronto, è stato riscritto l’art. 19 del D.Lgs n. 81/2015 condizionando l’apposizione di un termine oltre i 12 mesi alle seguenti motivazioni:

  • nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’art. 51;
  • nelle more dell’attuazione delle disposizioni di cui all’art. 51, e comunque entro il 31.12.2024, per esigenze di natura tecnicaorganizzativa o produttiva individuate dalle parti;
  • in sostituzione di altri lavoratori.

Le limitazioni dettate dalle causali non si applicano:

  • ai contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni;
  • ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle università private, incluse le filiazioni di università straniere;
  • agli istituti pubblici di ricerca, società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione;
  • agli enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa.

Per tali contratti la normativa di riferimento resta quella anteriore al decreto Dignità.

Ora è la contrattazione collettiva che detta le regole

Nella nuova disciplina del contratto a termine le regole tornano ad essere dettate dalla contrattazione collettiva che, essendo da sempre il fulcro di tanti altri elementi del contratto a termine, come il possibile prolungamento oltre i 24 mesi, la definizione del principio di stagionalità e l’aliquota di contingentamento, ora, riprendendo il controllo anche delle causali, acquisisce la piena responsabilità sulla gestione di un contratto temporaneo che, lungi dall’essere precario, risponde ad esigenze di imprese e lavoratori.

Contrattazione collettiva e mancata pronuncia

Qualora la contrattazione collettiva non si pronunci, saranno le parti individuali a motivare il ricorso al prolungamento oltre i 12 mesi di un contratto a termine o il suo rinnovo e la motivazione dovrà riferirsi ad esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva. La possibilità per imprese e lavoratori è però limitata al 31 dicembre del 2024.

Il ritorno alle causali

In passato fu richiesta più volte al giudice del lavoro sia una valutazione sulla coerenza della causale evinta nel contratto con le effettive necessità aziendali e sia, un’analisi sulla chiarezza e la specificità della clausola contrattuale che non avrebbe dovuto limitarsi a generici richiami delle motivazioni.

Sulle esigenze sostitutive

La durata del contratto sarà coerente con la durata dell’assenza entro però i limiti massimi consentiti dalla legge di 24 mesi. Il contratto individuale di lavoro dovrà con chiarezza identificare la connessione tra la durata del rapporto di lavoro e l’assenza e collegare il ruolo del lavoratore entrante con quello uscente.

Ulteriori aspetti

Alcuni ulteriori aspetti sui quali è opportuno meditare:

  • per la durata del periodo acausale, momento di avvio di un primo rapporto di lavoro, un incremento di almeno a 18 mesi potrebbe semplificare tutto il resto della disciplina;
  • prevedere una maggiore sincronia tra regolamentazione collettiva e individuale, dato che dopo il 31 dicembre 2024, in assenza di disciplina della contrattazione collettiva, tranne che per esigenze sostitutive, il contratto a termine potrà durare al massimo 12 mesi e non potrà nemmeno essere rinnovato all’interno di questo lasso temporale;
  • esigenza di definire e disciplinare il rinnovo contrattuale poiché ad oggi ancora lacunoso e poco chiaro.

Sitografia

www.governo.it

www.lavoro.gov.it

www.redigo.info

Cecilia Valente