Diffida accertativa, nota dell’Ispettorato del Lavoro

E’ possibile emettere una diffida accertativa per crediti patrimoniali derivanti dalle differenze retributive maturate in ragione della unilaterale riduzione dell’orario di lavoro con conseguente decurtazione di stipendio da parte datoriale?

Nel caso trattato dall’Ispettorato del lavoro (INL) con la nota n. 441/2021, le differenze retributive richieste dal lavoratore non sono diretta conseguenza della prestazione lavorativa ma di un eventuale inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c. ascrivibile al datore di lavoro che, unilateralmente e senza la necessaria forma scritta, avrebbe per l’appunto ridotto l’orario lavorativo ed il conseguente trattamento retributivo del dipendente, non consentendo a quest’ultimo di rendere a pieno la sua prestazione e di riceverne quanto contrattualmente previsto.

La fattispecie riguarda una tipologia di crediti di natura risarcitoria che esula dall’ordinario ambito di applicazione della diffida accertativa di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004 di competenza del personale ispettivo.

Sulla questione la Corte di Cassazione ha di recente affermato che nell’ambito di un contratto di lavoro part-time la trasformazione dell’orario di lavoro può derivare solo da un accordo scritto tra datore di lavoro e lavoratore, non assumendo valore probatorio il comportamento per facta concludentia.

Viceversa, se il contratto è a tempo pieno, l’accordo di modifica dell’orario, per il quale non è prevista ex lege una forma scritta ad substantiam, potrà essere provato anche attraverso comportamenti concludenti, nel qual caso è indubitabile che l’accertamento in ordine alla sussistenza ed alla quantificazione di questo tipo di rivendicazioni economiche del lavoratore debba essere di esclusiva pertinenza dell’autorità giudiziaria.

Diffida accertativa oltre il termine

Su una seconda questione la nota fornisce precisazioni: sulla possibilità di emettere una diffida accertativa oltre il termine previsto dall’art. 29, comma 2 del D.Lgs. n. 276/2003 nei casi in cui il lavoratore abbia inteso impedire la decadenza legale attraverso l’invio al committente di un atto di diffida stragiudiziale.

Attraverso il richiamo a precedenti note emesse tra il 2019 e il 2020, l’INL torna ad evidenziare come la giurisprudenza di Cassazione abbia più volte chiarito che, nell’ambito della fattispecie delineata dall’appena richiamato art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, sussistono regimi separati dei termini sul recupero delle spettanze retributive e contributive in ragione del soggetto, privato o pubblico, che intraprende l’iniziativa.

1. Il primo regime riguarda l’azione rimessa alla volontà del lavoratore che, unitamente ed al pari dei crediti retributivi, può rivendicare anche quelli contributivi a condizione che agisca nel termine decadenziale normativamente previsto di due anni dalla cessazione dell’appalto.

2. Il secondo, attinente solo alla parte contributiva, riguarda la diversa azione di recupero rimessa all’iniziativa dell’ente previdenziale che, invece di essere sottoposta al predetto termine decadenziale, è soggetta all’ordinario termine prescrizionale di cinque anni.

Occorre inoltre ricordare che il regime delle decadenze è regolato dall’art. 2966 c.c., secondo cui “la decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto”.

A caratterizzare l’istituto della decadenza, oltre che a differenziarlo da quello della prescrizione, interviene l’art. 2964, c. 1, c.c. ai sensi del quale viene disposto che “quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative
all’interruzione della prescrizione”.

Alla luce di quanto sopra ricordato appare all’INL ragionevole affermare che la decadenza dettata nella fattispecie di cui all’art. 29, c. 2, del D.Lgs. n. 276/2003 possa essere impedita dall’iniziativa del lavoratore intrapresa nel suddetto termine biennale attraverso il deposito del ricorso giudiziario ovvero, nell’accezione giurisprudenziale più ampia, anche per mezzo di un prodromico atto scritto, anche stragiudiziale, inviato al committente.

Diffida accertativa sì ma con condizioni

L’Ispettorato inoltre evidenzia che, ai sensi dell’art. 2967 c.c., “nei casi in cui la decadenza è impedita il diritto rimane soggetto alle disposizioni che regolano la prescrizione”; pertanto, a seguito della notifica dell’atto in questione sarà possibile emanare la diffida accertativa avendo cura, tuttavia, di verificare l’assenza di una intervenuta prescrizione e ferme restando le ordinarie condizioni di certezza, liquidità ed esigibilità del credito.

Fonte: INL