Formazione e riqualificazione, ricetta CdL contro la crisi occupazionale
Formazione e riqualificazione in primo piano – scrivono in un comunicato stampa i Consulenti del Lavoro – per far fronte alla crisi occupazionale e uscirne.
La ricerca della Fondazione Studi “Ripensare le politiche attive per superare la crisi e far ripartire il Paese” indica una contrazione al 4,6% in termini reali della spesa per le politiche attive negli ultimi dieci anni e il dimezzamento di quella destinata alla formazione; di contro, una sensibile crescita degli incentivi su nuova occupazione.
L’occasione viene fornita dall’evento in diretta del 18 marzo 2020, dal titolo: “A 20 anni dal Libro Bianco del lavoro. L’attualità del pensiero di Marco Biagi nell’odierna crisi del lavoro” in ricordo del giuslavorista e del suo impegno per la riforma del mercato del lavoro italiano.
Per i CdL occorre un cambio di paradigma: intervenire sull’occupabilità dell’offerta per recuperare i lavoratori più fragili.
Chiedono:
– il riequilibrio delle percentuali di spesa in politiche attive e passive del lavoro;
– l’investimento in formazione e riqualificazione dell’offerta.
Formazione e riqualificazione anzitutto. Perché?
Le motivazioni sono argomentate nella ricerca, che analizza le performances delle politiche del lavoro e la composizione attuale della spesa a sostegno
dell’occupazione.
Emerge uno sbilanciamento strutturale verso le “sovvenzioni” che ha dimostrato scarsa efficacia e valore aggiunto, soprattutto sul medio e lungo periodo.
«Le politiche per il lavoro in Italia, per come sono organizzate, si presentano in larga parte inadeguate a fronteggiare l’emergenza occupazionale», leggiamo. I 26,9 miliardi di euro spesi nel 2018, secondo i dati recentemente resi disponibili dalla Commissione Europea, corrispondono all’1,53% del PIL.
Di questa spesa, i tre quarti sono destinati al sostegno al reddito, con una penalizzazione profonda per i servizi per il lavoro che, nel 2018, assorbivano solo l’1,4% del totale delle risorse destinate alle politiche per il lavoro a fronte del 31,4% della Germania, l’8,9% della Francia e il 7% della Spagna.
Il deficit potrebbe, nei prossimi mesi, condizionare fortemente tempi e qualità della ripresa occupazionale del nostro Paese dove la capacità di intermediare domanda e offerta di lavoro e di fornire sostegno attivo alla ricerca saranno determinanti per la ripartenza dell’occupazione.
Oltre ad investire nella credibilità dei servizi di intermediazione – utilizzati nel 2019 solo dal 24,3% dei disoccupati per cercare lavoro – è fondamentale ripartire dalla formazione, soprattutto per gli adulti.
In Italia, Paese caratterizzato da bassi livelli di istruzione e da una distanza strutturale tra domanda e offerta di competenze, le risorse destinate a questa voce di spesa sono state quasi dimezzate tra il 2008 e il 2018, con il rischio di compromettere le possibilità di reimpiego dei
lavoratori più fragili sotto il profilo formativo, in un momento in cui cresce la domanda di competenze nuove, soprattutto in ambito tecnologico e digitale.
Risulta allora determinante, oggi più che mai sottolinea la Fondazione Studi, individuare i percorsi formativi più utili per aumentare l’occupabilità delle persone espulse dal mercato del lavoro.
«Il focus sulle politiche attive per il lavoro è fondamentale per poter pensare a una ripresa organica dell’occupazione e, di conseguenza, dell’economia. Ben venga allora l’apertura del Governo Draghi a investire sull’assegno di ricollocazione purché si tenga presente che la platea dei destinatari al momento comprende solo la metà dei disoccupati involontari” afferma Marina Calderone, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine (CNO) dei Consulenti del Lavoro e del Comitato Unitario delle Professioni (CUP).
«Necessario incidere sulla qualità dell’offerta più che sull’incentivazione della domanda attraverso formazione e riqualificazione, diminuendo il divario tra posizioni ricercate e competenze disponibili».
Fonte: Consulenti del Lavoro