Welfare, reddito di lavoro dipendente: benefits non imponibili

Organizzata secondo criteri di logicità legati a richiami normativi riferibili a TUIR e prassi agenziale, la corposa argomentazione intorno alle utilità a carattere premiale legate al raggiungimento, da parte di un dipendente, di un obiettivo economico di fatturato in ragione di un Piano di welfare aziendale, conduce l’Amministrazione finanziaria (risoluzione 55/E/2020) a ritenere che tali benefici non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente in quanto destinati a beneficiari indistinti. Il Piano è infatti rivolto a lavoratori di due aree aziendali, pertanto i benefits non sono rivolti ad alcuni, ben individuati dipendenti.

Reddito di lavoro dipendente, quali benefits non sono imponibili?

  1. Il rimborso delle spese sostenute dal lavoratore per l’acquisto di abbonamenti di trasporto pubblico, anche se relativi ai familiari fiscalmente a carico;
  2. le altre utilità aventi finalità ricreative (cinema, musei, palestre, parchi divertimento, abbonamenti a riviste, nonché le soluzioni di viaggio e cofanetti);
  3. i servizi “Benessere”, “Cura alla persona” e i “Corsi di formazione” aventi finalità educative e/o formative organizzati da strutture qualificate, purché per tali categorie i benefit siano riconducibili a una finalità ricreativa e/o di svago, ovvero a finalità educative e di istruzione;
  4. i rimborsi spesa per le rette di iscrizione e frequenza materna dal nido all’università, i master universitari, i libri scolastici, la mensa scolastica (esclusa quella universitaria), le gite scolastiche, lo scuolabus, pre e dopo scuola, il servizio di babysitting, i campi estivi, l’assistenza di familiari anziani o non autosufficienti e i voucher per food, benzina e shopping (se non superano il valore di 258,23 euro).

Limitatamente ai numeri 1 e 2 dell’elenco, tuttavia, affinché il valore di questi benefits non risulti imponibile al dipendente, gli va riconosciuta la scelta se aderire o meno all’offerta proposta dal datore di lavoro, senza poter pattuire altri aspetti relativi alla fruizione dell’opera e/o del servizio, fatto salvo il momento di utilizzo del benefit che potrà essere concordato con il datore di lavoro o con la struttura erogante la prestazione.

Piano welfare

Il Piano welfare consente, inoltre, al dipendente di utilizzare il credito welfare quale contributo per il pagamento degli interessi su finanziamenti (mutuo e prestiti): “Il dipendente effettua la richiesta sulla Piattaforma, allegando il piano di ammortamento. A valle della validazione, il back-office provvede a erogare l’importo direttamente sul c/c indicato dal dipendente, nella stessa data valuta di addebito della rata di finanziamento”.

Qui, interessante è l’intervento interpretativo dell’Amministrazione finanziaria: qualora le modalità di accreditamento della somma realizzino un collegamento immediato e univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi di mutuo, il credito welfare destinato quale “contributo azienda su interessi per finanziamenti”, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.

Viceversa, toccando il tema della deducibilità dall’Ires dei costi sostenuti dalla società per l’attuazione del Piano welfare, l’indicazione è che vada applicata la prescrizione dell’articolo 95 del TUIR, laddove le utilità ricomprese nel Piano, offerte ai dipendenti, vengano riconosciute in ragione di contratto, accordo o regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale.

Al riguardo, effettuando un passaggio a ritroso nella prassi (circolare n. 28/E/2016): “la erogazione dei benefit in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, determina la deducibilità integrale dei relativi costi da parte del datore di lavoro ai sensi dell’articolo 95 del TUIR, e non nel solo limite del cinque per mille, secondo quanto previsto dall’articolo 100 del medesimo Testo unico”. Ora, perché un regolamento configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, lo stesso deve essere non revocabile né modificabile autonomamente da parte del datore di lavoro. E, “in quanto atto negoziale, ancorché unilaterale, le erogazioni ivi previste costituiscono una obbligazione nei confronti dei lavoratori”.