Aliquota Iva più alta, rimborso diretto dall’Erario
La Corte di Giustizia europea ha affrontato un caso tedesco (causa C-453/22), nella sentenza del 7 settembre 2022, intervenendo sugli effetti dell’indebita applicazione dell’IVA da parte del fornitore. Inoltre, nello specifico caso trattato, l’Amministrazione finanziaria ha negato la detrazione dell’imposta effettuata dal cliente.
La Corte ha così sancito che il cessionario di un’operazione per la quale è stata applicata un’aliquota Iva più alta rispetto a quella che effettivamente doveva applicarsi, può richiedere il rimborso direttamente nei confronti dell’Erario, solo se non può più ottenere tale rimborso/restituzione da parte del cedente, a causa della prescrizione prevista dal diritto nazionale.
A tal proposito, se il ricorrente nel procedimento principale avesse effettivamente già versato all’Amministrazione tributaria l’importo corrispondente alla riduzione della sua detrazione iniziale, egli avrebbe subito un danno patrimoniale in quanto non può disporre di tale importo. Ne consegue che, in mancanza di un rimborso dell’Iva indebitamente riscossa dall’Amministrazione entro un termine ragionevole, tale danno, derivante da una violazione del diritto dell’Unione da parte dello Stato membro, dovrebbe essere risarcito mediante il pagamento di interessi di mora.
UE e Stati membri
In linea di principio, spetta anche agli Stati membri determinare le condizioni per rettificare l’Iva. Per tale motivo, la Corte ha previsto un sistema in base al quale, da un lato, il fornitore dei beni che ha erroneamente versato l’Iva può chiedere il rimborso all’Amministrazione tributaria e, dall’altro, l’acquirente dei beni può intentare un’azione civile per il recupero del pagamento indebito nei confronti di tale fornitore nel rispetto dei principi di neutralità ed effettività dell’Iva.
Sitografia
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