La Consulta conferma l’imputazione per trasparenza
La Consulta ha affermato la legittimità dell’art. 5, comma 1 del TUIR in relazione al meccanismo che impone l’imputazione per trasparenza dei redditi delle società in accomandita semplice anche ai soci accomandanti, “indipendentemente dalla percezione” degli stessi.
Si lamentava la violazione:
– del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) nella parte del menzionato articolo in cui attribuisce i redditi della società in accomandita semplice ai soci accomandanti indipendentemente dalla percezione, in quanto non si terrebbe conto della posizione passiva del socio accomandante rispetto all’amministrazione sociale;
– della capacità contributiva (art. 53 Cost.), poiché colpirebbe fiscalmente soggetti che non hanno effettivamente ricevuto redditi;
– del diritto di difesa (art. 24 Cost.), dato che il socio accomandante non avrebbe accesso diretto alle informazioni sociali necessarie per contestare l’accertamento.
La decisione della Consulta
Ebbene la Suprema Corte, richiamando un suo precedente (sentenza n. 201 del 2020), ritiene che il potere di controllo che l’ordinamento attribuisce ai soci (art. 2320 c.c.) sia sufficiente a legittimare la loro soggezione al meccanismo di imputazione per trasparenza. Il Collegio chiarisce che l’attribuzione del reddito “indipendentemente dalla percezione” non configura una presunzione di distribuzione, ma costituisce una tipizzazione legale. Il legislatore avrebbe individuato nella partecipazione a una società di persone un indice di capacità contributiva sufficiente, in quanto il socio è già coinvolto, almeno formalmente, nella produzione del reddito.
Redazione redigo.info