Part-time, riproporzionamento permessi 104/92

Part-time. Con il messaggio n. 3114/2018, al paragrafo 2, sono state fornite le nuove formule di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei tre giorni di permesso mensile di cui all’articolo 33 della Legge n. 104/1992, nei casi di rapporto di lavoro part-time di tipo verticale e di tipo misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese.

Nella circolare n. 45/2021, l’INPS precisa che queste indicazioni devono essere riviste alla luce degli orientamenti della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, che con due decisioni (sentenze n. 22925/2017 e n. 4069/2018) ha statuito che la durata dei permessi, qualora la percentuale del tempo parziale di tipo verticale superi il 50% del tempo pieno previsto dal contratto collettivo, non deve subire decurtazioni in ragione del ridotto orario di lavoro.

Part-time. Il nuovo orientamento giurisprudenziale

La Corte di Cassazione fonda le proprie conclusioni sull’analisi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 61/2000, recante “Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES”.

La norma opera una differenziazione tra gli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta corrispettività con la durata della prestazione lavorativa – per i quali è ammesso il riproporzionamento del trattamento – e gli istituti riconducibili a un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa.

Tra questi ultimi, sottolinea la Suprema Corte, vi sono i permessi di cui all’articolo 33 della legge n. 104/1992, i quali, oltretutto, costituiscono misure di tutela della salute psico-fisica della persona disabile, che è un diritto fondamentale dell’individuo tutelato dall’articolo 32 della Costituzione.

Ne consegue che, in linea di principio, il diritto ad usufruire dei permessi non è comprimibile.

La Cassazione sottolinea la necessità, comunque, di una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori, in particolare di una distribuzione in misura paritaria degli oneri e dei sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part-time e, nello specifico, del rapporto di lavoro parziale di tipo verticale.

In coerenza con tale criterio, valutate le opposte esigenze, appare ragionevole – specifica la Suprema Corte – distinguere l’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part-time sia articolata con un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori. Solo nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l’esigenza di effettività di tutela del disabile, occorre riconoscere il diritto alla integrale fruizione dei permessi.

Tenuto conto di quanto sopra, con riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato, la richiamata circolare INPS fornisce le nuove indicazioni relative al riproporzionamento della durata dei giorni di permesso di cui all’articolo 33, commi 3 e 6, della legge n. 104/1992, da attuare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, con attività lavorativa part-time superiore al 50%.