CdL: l’Italia riparte dal lavoro
E’ tutto in un comunicato stampa CdL dal titolo “L’Italia riparte dal lavoro: emergenze e criticità da affrontare“.
Il Governo Draghi dovrà affrontare le emergenze assolute dell’attuale situazione occupazionale, sottolineate dall’ultima rilevazione ISTAT (dicembre 2020).
“Per questo sono necessari degli interventi di sistema, utili non solo ad avere risultati-tampone immediati, ma anche ad essere fondamenta per il rilancio futuro del Paese. Per pianificare gli interventi necessari è quanto mai opportuno partire dalle criticità emerse nella gestione di questo lungo periodo di pandemia, intervenendo con riforme di sistema anche tramite i fondi che saranno assegnati al Recovery Plan”.
CdL: i nodi da sciogliere
Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, elenca alcuni “nodi” da affrontare con immediatezza.
Divieto di licenziamento. Si stima che con lo sblocco dei licenziamenti le piccole e medie imprese registreranno un calo dell’occupazione di 1 milione di posti di lavoro. Al momento la scadenza è fissata al 31 marzo 2021.
La questione è: come gestirne le conseguenze? Prorogare il blocco, senza avere le idee chiare su cosa fare dopo, è solo un modo per procrastinare il problema.
Se la soluzione primaria è, evidentemente, la ripartenza immediata dell’economia, che permetterebbe alle aziende oggi in difficoltà assoluta di poter tornare ad assumere, non si può prescindere da una profonda rivisitazione del sistema delle politiche attive del lavoro, che in
questi anni ha mostrato tutti i limiti strutturali di cui soffre.
Reddito di Cittadinanza. Il Reddito di Cittadinanza, sempre al centro del dibattito politico, è frutto di una riforma (2019) rimasta incompleta,
quindi non si può che parlare di una misura inefficace.
Non tanto nella parte relativa alle politiche passive, dove ha svolto un importante ruolo assistenziale durante la pandemia, quanto per quella relativa alle politiche attive, rimaste ferme alla previsione normativa mai attuata.
Ecco, dunque l’immediata necessità di dotarsi di strumenti che determinino un repentino rientro del lavoratore espulso dal mercato. Vanno dunque riorganizzati i Servizi per il Lavoro, in modo da renderli funzionali all’attuale situazione.
In tal senso vanno rivalutati ruolo e mission dell’Anpal, dei Centri dell’Impiego e del collocamento privato.
Ed è diventato indispensabile virare sulla telematica al servizio della diffusione territoriale dei punti di contatto tra cittadini in cerca di occupazione e le agenzie per il lavoro, per far decollare anche l’altra parte delle politiche attive, quella cioè legata alla formazione e riqualificazione del lavoratore che ha perso occupazione.
Investimenti su progetti già pronti. Per far ripartire in tempi rapidissimi l’economia, una buona iniziativa sarebbe quella di immettere subito nell’economia reale importanti somme, provenienti dal Recovery Plan. In sostanza, bisognerebbe evitare che le procedure burocratiche dilatino i tempi dell’effettivo utilizzo dei fondi.
Una soluzione potrebbe essere quella di finanziare moltissime opere, piccole e grandi, necessarie per i Comuni, ma ferme perché prive di coperture. Finanziare queste attività, fatti i preventivi e dovuti controlli di legittimità, significherebbe far ripartire immediatamente l’economia reale in migliaia di Comuni e con essa il lavoro.
Nuovi modelli organizzativi. La pandemia ha determinato il ricorso massivo al lavoro a distanza, creando un incredibile test di sperimentazione di nuove modalità lavorative.
In questo anno è cambiato non solo il modo di vivere e di relazionarsi, ma anche il modo di lavorare e di gestire la propria attività. In prospettiva, la scommessa è trasformare l’eccezionalità del caso in veri e propri nuovi modelli organizzativi aziendali, il cui confine potrebbe
essere infinito se accompagnati da una lungimirante politica mirata ad aprire ulteriori spazi di sperimentazione e progettazione.
Questa nuova dimensione riguarda le aziende, ma anche i territori, e potrebbe essere associata ad azioni che puntano sulla sostenibilità ambientale ed economica dell’intero sistema.
Riforma degli ammortizzatori sociali. I Consulenti rilanciano l’idea dell’Ammortizzatore Sociale Unico, perché unica è la causale per fenomeni che coinvolgono in modo diffuso e involontario un gran numero di aziende e lavoratori, appartenenti ai settori più disparati. La pandemia può dare il via a questa semplificazione burocratica che dovrebbe essere caratterizzata dall’eliminazione dei numerosi (troppi)
passaggi burocratici che hanno creato il mostruoso volume di adempimenti con cui hanno dovuto fare i conti Inps, Consulenti del Lavoro, imprenditori e lavoratori.
Fonte: Consulenti del Lavoro
Fonte: Ansa