ESRS, report sugli standard europei

Con Direttiva (UE) n. 2023/2772, è stato adottato il regolamento delegato della Commissione Europea sugli standard di rendicontazione di sostenibilità (c.d. European Sustainability Reporting Standard – ESRS), come previsto dalla Corporate Sustainability Reporting Directive.

Dodici standard

Questa prima versione del set di principi è costituita da dodici standard, organizzati in 4 aree:

Cross-cutting standard (in cui rientrano ESRS1 ed ESRS2), Environmental, Social e Governance.

La Direttiva ha, inoltre, individuato in cinque punti i principi generali sui quali si deve fondare l’informativa da rendicontare: caratteristiche per la qualità dell’informazione, doppia materialità, catena del valore, orizzonte temporale e due diligence.

Sulla scorta dei nuovi principi, il CNDCEC pubblica l’Informativa Reporting di Sostenibilità n. 2, di febbraio 2024, dove analizza le criticità e dà spunti di riflessione evidenziando l’ampiezza, l’articolazione e la complessità dell’informativa richiesta dal legislatore europeo.

Per adempiere a quanto indicato dalla CSRD, è necessaria una rapida e profonda evoluzione organizzativa e culturale delle imprese. Nell’Unione Europea, l’impulso normativo a tale evoluzione si è concentrato dapprima sulle grandi imprese – con la direttiva Barnier del 2014 (recepita in Italia con il D. Lgs. 254/2016), senza il coinvolgimento di quelle di minori dimensioni. Recenti interventi della Commissione Europea hanno rapidamente e progressivamente irrobustito il framework normativo sugli ESG, coinvolgendo anche le imprese di minori dimensioni.

Le imprese dovranno ora diffusamente e rapidamente adottare processi e strumenti di gestione riskoriented, considerato che l’approccio, conseguente alle norme emanate in ambito di sostenibilità, coinvolgerà per osmosi, trasversalmente e in modo diffuso, tutti i processi aziendali. Questa indotta e evoluzione culturale potrà rafforzare i processi di governance e gestione delle imprese, ancor più in quelle di minori dimensioni.

La sfida sarà nel dosare la progressività e proporzionalità con cui le PMI dovranno evolvere per adempiere. Eventuali eccessi di regolamentazione e di costi di/conformità potrebbero trasformarsi in un boomerang ove ledessero il dinamismo e l’agilità proprio delle imprese di minori dimensioni.

E’ coerente l’orientamento del legislatore europeo verso l’attuazione progressiva e scaglionata nel tempo delle norme.

Sconosciute le conseguenze sanzionatorie

Non si conosce il sistema sanzionatorio a carico di chi elude o non adempie. In assenza di adeguati controlli e sanzioni, se il costo della non conformità alla norma non fosse adeguato e significativo, l’efficacia e l’effettività dell’impianto normativo potrebbe rivelarsi debole e fortemente diminuito.

Nuovi standard europei, attenzione all’ESRS 1

Merita attenzione l’ESRS 1 al punto 2), in cui recita “gli ESRS non impongono alle imprese di comunicare informazioni su aspetti ambientali, sociali e di governance coperti dagli ESRS se hanno valutato che questi ultimi non sono rilevanti”. Continuando, al punto 45) prescrive che l’impresa divulghi una descrizione sintetica.

Questa impostazione – si chiedono i commercialisti nell’Informativa – potrebbe agevolare l’opacità e le politiche di greenwashing?

Suppongono, dal tenore letterale della norma, che non sia richiesta la necessità di robuste ed articolate ragioni a fondamento del processo di analisi di materialità e di stakeholder engagement, con il rischio di lasciare ampio margine a valutazioni discrezionali-opportunistiche, per l’appunto opache o non conosciute ai portatori di interessi e agli utilizzatori dell’informativa di sostenibilità.

Alta direzione e governance. L’Europa chiede alle imprese (anche italiane) competenze, strategia e impegno

Circa la corretta attuazione del framework di sostenibilità, assumono un ruolo fondamentale l’alta direzione aziendale e la governance che dovranno avere competenze adeguate, chiarezza strategica e assumere impegni effettivi e misurabili.

Su questo fronte, il report invita a considerare le circostanze (per nulla rare) in cui per il corretto presidio dei rischi materiali, potrà sorgere l’esigenza di disporre nel bilancio di esercizio accantonamenti in appositi fondi rischi.

In questo scenario, necessario sarà verificare se:

– il legislatore fiscale vorrà supportare questo approccio, sostenendo con effettività le politiche ESG delle imprese riconoscendone, quindi, la deducibilità (oggi non sempre prevista);

– a fronte di rischi materiali futuri, anche a lungo termine, gli azionisti gradiranno in modo silente scelte orientate a comprimere i loro dividendi attuali.

Aziende e investitori, quali rapporti?

Con riguardo al rapporto con gli investitori, vi è da chiedersi se le aziende più virtuose in ambito di ESG saranno attrattive quanto quelle meno virtuose e con dividendi a breve e medio termine più robusti.

Le attività da svolgere per accompagnare le imprese in questa evoluzione richiedono team di lavoro interdisciplinari.

Il Dottore Commercialista, con le proprie competenze specifiche, può e dovrà svolgere un ruolo importante.

Sitografia

www.commercialisti.it