Whistleblowing, l’Italia recepisce la direttiva UE
L’Italia recepisce la direttiva UE 2019/1937, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni, ovvero atti illeciti o omissioni, del diritto dell’Unione e che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Il testo del decreto legislativo, n. 24/2023, è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 15.3.2023.
Si tratta della disciplina che difende il fenomeno dei whistleblowing, ovvero quei lavoratori che nell’esercizio della propria attività professionale e/o lavorativa segnalano violazioni del diritto europeo e nazionale all’interno del contesto lavorativo, di un’amministrazione pubblica o di una aziende privata.
Disposizioni ed eccezioni
Le disposizioni non si applicano a:
- contestazioni, rivendicazioni o richieste legate ad un interesse di carattere personale e che attengono esclusivamente ai rapporti individuali intrattenuti all’interno dell’impiego pubblico, anche nei confronti delle figure gerarchicamente sovraordinate;
- segnalazioni di violazioni già disciplinate in via obbligatoria dagli atti dell’Unione Europea;
- segnalazioni di violazioni in materia di sicurezza nazionale, nonché di appalti relativi ad aspetti di difesa o di sicurezza nazionale, a meno che questi rientrino nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea.
Resta ferma, invece, l’applicazione delle disposizioni nazionali o dell’Unione Europea in materia di:
- informazioni classificate;
- segreto professionale forense e medico;
- segretezza delle deliberazioni degli organi giurisdizionali.
Condizioni per la protezione del segnalante
Le misure di protezione previste dal decreto si applicano qualora ricorra la condizione per la quale, al momento della denuncia, la persona segnalante aveva fondato motivo di ritenere che le informazioni sulle violazioni divulgate fossero vere e dunque meritevoli di pubblica denuncia.
Inoltre, le disposizioni si applicano anche nei casi di ritorsioni nei confronti del segnalante, successivamente alla denuncia della violazione o illecito all’autorità giudiziaria o contabile.
Qualora, invece, venga accertata la responsabilità penale (reati di diffamazione o calunnia) o di responsabilità civile (dolo o colpa grave), le tutele non sono garantite e allo stesso segnalante è irrogata una sanzione disciplinare, con tanto di sanzione che va da 500 a 2.500 euro.
Inoltre, viene segnalato il divieto di ritorsione. Infatti, gli enti o le persone oggetto della trattazione non possono subire azioni ritorsive, tra le quali si segnalano:
- il licenziamento o la sospensione;
- la retrocessione di grado o la mancata promozione;
- il mutamento di funzioni o il cambiamento del luogo di lavoro,
- la riduzione dello stipendio e la modifica dell’orario di lavoro;
- l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione, anche di natura pecuniaria;
- la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo;
- la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in contratto a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa;
- il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
- l’annullamento di una licenza o di un permesso;
- la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
Sarà l’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) ad occuparsi di accogliere le denunce di ritorsione che si ritiene di aver subìto. Nel contesto di lavoro pubblico, l’ANAC informa immediatamente il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e gli eventuali organismi di garanzia o di disciplina, per i provvedimenti di loro competenza. Mentre nel contesto lavorativo privato, l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.
Sanzioni
Tra le disposizioni di maggior interesse, l’art. 21 riporta le sanzioni irrogate dall’ANAC.
Al responsabile si applica le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
- da 10.000 a 50.000 euro in caso di ritorsione accertata o quando si accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;
- da 10.000 a 50.000 euro quando si accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione o che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;
- da 500 a 2.500 euro, nei casi di condanna della persona segnalante nel contesto di responsabilità penale e civile.
Sitografia
www.gazzettaufficiale.it
Melania Baroncini