AI, a pochi giorni dalla Week

Intervista a Mirko Puliafito, Founder & CEO di “Digitiamo” e protagonista – con un workshop – dell’AI Week (10-15 maggio 2021).

Alessia Lupoi – Direttore responsabile. La tua, Mirko, è un’esperienza sul campo che senz’altro può contribuire a creare, passami il termine, “cultura pratica” nella materia calda e delicata dell’Artificial Intelligence. Formulerò una domanda apparentemente semplice perché tu possa trasferire ai lettori la concretezza che hai già mostrato a redigo: cos’è per te l’Intelligenza Artificiale?

Mirko Puliafito. Tenterò. Premettendo, Alessia, che l’Intelligenza Artificiale è per me uno strumento, un nuovo strumento, che riscuote sempre maggiore interesse; un buzzword che permette di risolvere in maniera semplificata problemi complessi. Per spiegare questo concetto, vi farò un esempio. Abbiamo realizzato un progetto di Intelligenza Artificiale: un nostro cliente possiede un’azienda manifatturiera (produce tessuti); la catena di produzione prevedeva, una volta terminata, che i tessuti venissero verificati da persone. Andava modificato il processo. Perché? Anzitutto perché avrebbe potuto generare errori. Benché esperto, il personale non avrebbe avuto alcuna possibilità di entrare nel dettaglio di trama e ordito per verificarne difetti, imperfezioni. Al problema oggettivo di qualità del controllo si aggiungeva la questione soggettiva della stanchezza, anche visiva, che avrebbe reso disattento il personale deputato alla verifica. Oltretutto, garantire questo servizio di qualità significava disporre di continuità oraria del gruppo di lavoro anche quando la catena produttiva avesse proseguito l’attività in modalità notturna. Altro problema oggettivo, dunque, legato al numero di risorse umane e al costo associato.

Ebbene, l’Intelligenza Artificiale ha cambiato radicalmente questo processo pur non intaccando la componente umana. Sfato un mito? Sì. Il fattore umano è fondamentale in un ciclo continuo di Intelligenza Artificiale, capiremo in seguito come.

In definitiva, anziché effettuare la prima verifica sui tessuti – assegnata ventiquattro ore su ventiquattro alla meticolosità ed instancabilità dell’ “occhio artificiale” che cerca quei difetti e quelle imperfezioni – il personale è stato dedicato ad una seconda verifica. Il processo è cambiato, è migliorato: da una verifica diretta ad una verifica indiretta, in seconda battuta, sui tessuti che dall’Intelligenza Artificiale venivano identificati come difettosi.

Mi auguro di aver mostrato concretamente che l’Intelligenza Artificiale è un potente e veloce strumento migliorativo che, come in questo caso, innesca cambi di processo fortissimi all’interno dell’azienda. Per questo è necessario disporre di una cultura del cambiamento da Intelligenza Artificiale. Culturalmente, si deve esser pronti ad accettare che l’ “occhio artificiale” di cui parlavo è una presenza in azienda che supporta l’uomo; ne aumenta, per così dire, le potenzialità percettive, decisionali, senza sostituirvisi.  

Ecco che, allora, l’Intelligenza Artificiale assume il valore di uno strumento vigoroso attraverso cui l’uomo deve prendere coscienza di sé senza subirla.

Nei processi che disegnamo, la presenza dell’uomo resta centrale in fase di training della macchina. Immaginiamo, dunque, l’IA come un bambino cui insegnare un mestiere; in gergo si dice “fare il training di un task”. Il task è un obiettivo, un obiettivo umano. La macchina, una volta appreso come fare, non potrà che realizzare alcuni task, non tutti. Non potrà mai competere con la risorsa umana, non potrà competere nei processi decisionali, nel fattore distintivo rispetto alla macchina: l’esperienza generalista che gli consente di discernere il bene dal male, ad esempio. L’umano ha un’etica, un codice deontologico che la macchina tendenzialmente non ha.

Concludendo, Alessia, sottolineo quanto sia importante che l’uomo costruisca “gabbie decisionali” all’interno delle quali custodire regole che la macchina può fare sue per attuare decisioni migliori.

Questo tanto nella fase di training quanto nella fase di gabbia decisionale, nella fase di controllo della macchina e nella fase di miglioramento. In tutta la vita artificiale, dove dev’essere presente l’uomo e sua la presenza dev’essere continua affinché i task affidati alla macchina portino un reale beneficio.

Alessia. Nella tua articolata risposta sono molti gli spunti di riflessione. Grande è anche la curiosità su come adottiate l’IA all’interno di Digitiamo.

Mirko. Digitiamo è un’azienda che sviluppa soluzioni; risolve, quindi, task sull’Intelligenza Artificiale utilizzandola per isolare i task più comuni degli esempi concreti nei quali abbiamo peccato nell’impiego dell’IA. Il nostro gruppo ha creato un prodotto ad hoc – AI Know You – che presenterà durante l’AI Week. Si tratta di un sistema di Intelligenza Artificiale applicato alle conversazioni umane che si prefigge l’obiettivo di rintracciare la conoscenza umana e renderla visibile, impiegandola per ottimizzare il processo di supporto nella comunicazione tra cliente e azienda.

Abbiamo quindi realizzato un automa che legge le conversazioni umane cliente/azienda e, tendenzialmente, le trascrive. Se legge vocali, le analizza per estrarre gli argomenti principali – a titolo d’esempio, un cliente chiama per avere un supporto sulla perdita delle credenziali piuttosto che per sospendere una polizza attivando un nuovo contratto o per chiedere informazioni su nuovi prodotti – e riesce automaticamente a classificare queste tipologie di richieste; riesce a capire come “l’umano” (il cliente) chiede e come l’altro umano (il rappresentante dell’azienda) risponde.

Grazie alla comprensione del dialogo tra uomini, la macchina costruisce una base di conoscenza in modo, diremo, “semiautomatico” (considerando, come ho detto più volte, che l’umano deve restare a supporto della macchina nel creare il fare, il training).  

Abbiamo, così, creato un pannello di supporto nella verifica di questa base di conoscenze e nella eventualità di doverla modificare.

Base di conoscenza che può essere utilizzata a supporto del livello decisionale, di chi gestisce il rapporto tra cliente e brand. Che può, a sua volta, fare training di altre macchine che altro non sono che i “bot” e i “chatbot” o “voicebot”.

Questi, a loro volta gestiscono le richieste dei consumatori.

E’ uno tra i principali punti di applicazione dell’IA in Digitiamo che presenteremo all’AI Week.

Dovendovi salutare, mi interessa che sappiate che io e i co-founder di Digitiamo sviluppiamo l’Intelligenza Artificiale in altri interessanti progetti, uno dei quali è editoriale e so che interessa particolarmente te, Alessia, da direttore responsabile di una testata giornalistica che contiene una macroarea dedicata: un libro in parte scritto dall’Intelligenza Artificiale e destinato a ragazzi tra i 9 e i 13 anni, che abbiamo chiamato “progetto robhook”.

Tutto ciò nel preciso interesse di aumentare la percezione sulla capacità di prendere decisioni in tempo reale e veloci e sulla capacità di rispondere ed essere resiliente rispetto a nuove situazioni. Questa è l’Intelligenza Artificiale per Digitiamo.

Alessia. Ti confesso che ho inserito i dati di mia figlia per ricevere copertina e prime pagine del libro! Il progetto robhook è esaltante. Grazie, Mirko. Buona Intelligenza Artificiale.