L’Intervista. Occasione TARI, quello che le aziende non sanno

Il Direttore di Redigo.info, Alessia Lupoi, intervista Luigi D’Aprano - Dirigente dell’Area Economico-Finanziaria del Comune di Anzio

A.L. – Dott. D’Aprano, la legge istitutiva della TARI (n. 147 del 2013) ha sostituito il tributo comunale TARES, vigente nel solo anno 2013 in luogo di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti (che fossero di natura patrimoniale o tributaria). Da allora al 2020 questa tassa, regolamentata singolarmente dai Comuni in ragione della tipologia del servizio di raccolta e delle utenze servite, è stata integralmente coperta nel costo, tanto per le utenze domestiche quanto per quelle non domestiche. Di fatto, cosa è cambiato nel 2020 con il decreto legislativo n. 116?

L.D. – Il decreto ha modificato il codice ambientale nella classificazione dei rifiuti, distinguendo tra quelli da considerarsi urbani - soggetti, quindi, alla privativa comunale e alla tassazione TARI - e quelli speciali, esclusi dalla tassazione e destinati allo smaltimento autonomo. Quel dispositivo veniva emanato in attuazione delle direttive comunitarie ispirate al principio “chi inquina paghi”, che vorrebbe tassate le singole utenze proporzionalmente alla quantità di rifiuti producibili. Oggi, invece, la più parte delle utenze non domestiche è “finanziatrice” del servizio di raccolta, con ciò sostenendo costi spesso superiori agli effettivamente sostenuti per assicurarsi il servizio. Maggiori costi che, in tal modo, assicurano una minore partecipazione al gettito TARI delle utenze domestiche.

A.L. – Quali vantaggi derivano dal cambiamento che il decreto ha prodotto? Concretamente, quali strade si aprono alle aziende per ottenere una corretta tassazione giungendo, quando possibile, alla riduzione totale o parziale della tariffa?

L.D. – Veda, la diversa classificazione dei rifiuti comporta una diversa ripartizione delle aree tassabili rispetto a quelle da escludere per la produzione di rifiuti speciali. La riorganizzazione delle superfici, in base alla nuova normativa, non opera automaticamente da parte degli Enti gestori, ma occorre che le aziende si facciano promotrici, attraverso apposite istanze e dichiarazioni, al fine di vedersi applicate le corrette disposizioni e giungere ad una più equa tassazione ai fini TARI.

A.L. – A tal fine, quanto conta conoscere il funzionamento di questo complicato tributo, dati gli errori “storicamente” compiuti nel calcolo e nell’applicazione delle regole TARI negli ultimi anni? Mi riferisco, in dettaglio, all’erronea applicazione dell’IVA e al calcolo errato in ordine alle pertinenze.

L.D. – La normativa TARI si presenta come variegata e difforme in ogni ambito territoriale, poiché il Legislatore ha volutamente lasciato ai singoli Comuni l'ampio margine regolamentare di poter applicare il tributo alla propria realtà territoriale, senza pregiudicare i principi base di commisurazione tra tassa pagata e rifiuti potenzialmente producibili. Per avere certezza della corretta applicazione del tributo alla singola utenza non domestica bisogna, perciò, condurre un’attenta analisi del regolamento comunale, oltre a dotarsi di una approfondita conoscenza della disciplina nazionale. La TARI è un tributo che tradizionalmente viene riscosso in liquidazione, ciò vuol dire che il Comune o il gestore emettono gli avvisi di pagamento in base alle dichiarazioni presentate, indicando in essi importi e scadenze di pagamento.

Concludo sottolineando con forza che l’avviso di pagamento ricevuto non è un atto incontestabile; è semplicemente la rappresentazione della determinazione del tributo in base alle informazioni in possesso del Comune. Informazioni diverse potrebbero portare all'emissione di un avviso di pagamento di importo sostanzialmente diverso.

Luigi D'Aprano per redigo.info