Mappa al datore per ridurre il rischio di contagio in azienda

E’ possibile che venga introdotto il vaccino in ambiente lavorativo come ulteriore misura per attenuare gli effetti della malattia COVID-19, così la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, nell’approfondimento del 22 marzo 2021, fornisce ai datori di lavoro una mappa al fine di ridurre il rischio di contagio.

Mappa FS in 11 punti

La Fondazione Studi ricorda due documenti finora emanati che hanno introdotto la possibilità dei vaccini per i lavoratori per il tramite aziendale:

• l’accordo fra Regione Lombardia, Confindustria, Confapi e Anma (Associazione Nazionale Medici Competenti) del 10 marzo 2021;
• le raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV2/COVID-19, elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’11 marzo 2021 e sottoposto nella medesima data all’esame della Conferenza Unificata.

In entrambi è prevista la possibilità di vaccinare i lavoratori in ambiente di lavoro, nel rispetto delle condizioni sanitarie vigenti e nel rispetto della
facoltà da parte del lavoratore di aderirvi o meno.

Ridurre il rischio di contagio in azienda è priorità dei datori di lavoro che, da oltre un anno, si trovano a fare i conti con il rischio di vedere ridotta o sospesa la propria attività lavorativa.

Oltre a ciò, risulta di prioritaria rilevanza – per i CdL – l’eventuale responsabilità legata alla contrazione del virus Sars Cov-2 in ambiente lavorativo, configurandosi di fatto come infortunio sul lavoro in determinate circostanze.

L’introduzione del vaccino viene dunque considerata una misura oggettivamente efficace, affiancata alla scrupolosa applicazione da parte di tutti i lavoratori del Protocollo aziendale anti-contagio.

Ma se da un lato non è possibile obbligare oggi i lavoratori al vaccino, dall’altro i datori di lavoro possono prevedere misure alternative di prevenzione procedendo al puntuale aggiornamento dei Protocolli aziendali anti-contagio, che rimangono in questo modo efficaci e al passo con l’evoluzione scientifica.

In relazione a ciò, la Fondazione Studi ribadisce la facoltà da parte dei lavoratori di rifiutare prestazioni mediche non previste tassativamente da un obbligo normativo e veder comunque rispettata la normativa sul trattamento dei dati personali.

Nell’approfondimento – la cui mappa è sviluppata in 11 punti – vengono riassunte le risposte ai dubbi più ricorrenti in materia.

Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro