Recruitment anonimo: competenze, non pregiudizi

Si chiama recruitment anonimo. E’ nato in Finlandia, già patria del “lavoro agile” dove lo smart working è diffuso da molti anni.

Non solo: dal 2011, questo pragmatico Stato dell’Europa settentrionale si è dotato di una normativa sul “lavoro agile”, ed ha il 92% delle imprese che permettono di adattare gli orari di lavoro.

E’ anche il maggior hub high tech d’Europa.

Ora esporta il recruitment anonimo. Si tratta di una sperimentazione che le aziende (non solo le amministrazioni pubbliche) stanno introducendo per favorire la diversity in fase di selezione dei candidati.

L’intento è limitare i pregiudizi inconsapevoli dei recruiter.

Recruitment anonimo dalla Finlandia all’Italia

La sperimentazione ha fatto capolino in Italia, dove più Comuni prevedono l’invio di curricula anonimi.

Un dato che riteniamo sensibile è che anche gli algoritmi di intelligenza artificiale che si basano sull’analisi di dati storici per lo screening del curriculum (esempio ne sono le assunzioni aziendali basate sui curricula “tradizionali”) possono imparare i pregiudizi discriminatori esistenti, quindi mantenerli.

Quel che tuttavia più conta ai fini di questo contributo all'”evoluzione civile” del recruitment è avere riscontro della sperimentazione: le interviste ai recruiter hanno mostrato che si sono concentrati sulle competenze ed esperienze professionali e che queste hanno portato a selezioni più efficaci.

Competenze, soprattutto. Che sono centrali per il successo delle organizzazioni aziendali.

Con il supporto – dalla prima fase del processo di selezione – delle logiche dei tool valutativi online di assessment per misurare competenze, capacità, attitudini, motivazioni e learning agility i recruiter riusciranno a coinvolgere il candidato valorizzandone (non discriminando) le peculiarità, le diversità.